pupi a palermo


__Due scuole, due iconografie: i cartelloni__

Per pubblicizzare una rappresentazione, i maestri pupari si servivano di cartelloni appositamente dipinti.

A Palermo si adoperavano dei cartelloni di carta di imballaggio dipinti a tempera (tra il 1920 e il 1950) larghi 2 m. e lunghi 3 o 4 m., suddivisi a scacchi (come quello usato dai cantastorie), nei quali erano illustrati i momenti salienti degli episodi, che dovevano essere rappresentati nel corso della settimana; i riquadri variavano da un minimo di sei, per gli avvisi ordinari, ad un massimo di dodici per gli avvenimenti più importanti del ciclo, come per la rappresentazione della Rotta di Roncisvalle.
A Catania invece i cartelloni (realizzati nello stesso modo di quelli palermitani) proponevano un solo grande riquadro con il quale si reclamizzava la scena madre e centrale dello spettacolo di ogni giorno.

Spesso erano gli stessi pupari come Giuseppe Argento di Palermo che preparavano i cartelloni o nella fattispecie facevano ricorso ai pittori di carri. Famosi e bravissimi cartellonisti palermitani furono: Nicolò Rinaldi detto “Faraone”, Nunzio Coppolone e Giovanni Di Cristina. Da notare che questi cartelloni erano tramandati da padre in figlio per cui ogni puparo ne aveva sempre pronte moltissime per le varie necessità di scena. Dopo il 1950 questi quadri furono dipinti su tela di cotone. Dubbia è però l’individuazione delle fonti iconografiche dalle quali discendono i disegni e i tratti figurativi di questi cartelloni. Il problema comunque s’inquadra in una ricerca decorativa che tiene conto degli esempi offerti da una vasta produzione di stampe e immagini popolaresche.

Nel 1858 viene pubblicata la Storia dei Paladini di Francia di Giusto Lo Dico corredate da disegni di Mattaliano, che a loro volta rimandano alle xilografie e riproduzioni cinque-seicentesche avvenuta nei primi anni del secolo. Alcuni studiosi, tendono a risalire ad uno stile composito di elementi bizantini, arabi, francesi, spagnoli etc., ma la storia dei pupi in effetti coincide con le vicende delle famiglie dei marionettisti.

fonte: http://www.irsap-agrigentum.it/Teatro%20di%20figura.htm#teatro%20di%20figura

Cartellone dell’opera dei pupi Palermitani dal teatro di Gaspare Canino (Palermo)
“Sbarco di Rodomonte alle marine del monaco”
Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino

foto: Cappellani

Cartellone dell’opera dei pupi Catanese dipinto da Francesco Vasta (Catania), 1920
“Perì mette in fuga Zanclea”
Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino

foto: Bazan



__Le due scuole:la catanese e la palermitana__
gennaio 30, 2008, 7:54 PM
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Al di là degli elementi stilistici unitari esistono due scuole di pensiero, quella Palermitana e quella Catanese, che sono molto diversificate nella costruzione del pupo, alle quali pupari di altre località siciliane: Acireale, Agrigento, Messina, Trapani, etc. si rifanno, aggiungendo delle particolarità personalizzate; dobbiamo però dire per onor di cronaca, che lo stile palermitano e quello più diffuso.

La prima distinzione riguarda la stessa dimensione del pupo, che a Palermo presenta un’altezza simile a quelle delle marionette classiche, tra gli 80 cm e il metro dal peso di 13,14 kg., mentre a Catania si trovano pupi alti un metro e trenta cm e in alcuni casi possono pesare quasi 30 kg.

Una seconda variabile, ancora più importante e decisiva per la dinamica teatrale, riguarda il movimento e le articolazioni. In pratica il pupo palermitano ha le ginocchia snodate, con cubitiera, ginocchiere ed elmo con visiera mobile, che consente un andamento più aggraziato ed una scioltezza mimica di tutto il corpo, che influisce moltissimo sul modo di dialogare, di gestire e di combattere e alcuni possono anche muovere gli occhi e la bocca. La mano destra è realizzata con il pugno chiuso, e ha un buco al centro, nel quale passa un filo che legato al pomo della spada consente di estrarla e riporla nel fodero.

Altra importante differenza consiste nel fatto che durante i combattimenti la testa di alcuni pupi può cadere o addirittura che alcuni di essi vadano letteralmente a pezzi. Il pupo catanese invece, ha gli arti inferiori bloccati e scoperti, gli scudi dei guerrieri sono quasi tutti rotondi, la spada è fissata alla mano destra, la visiera dell’elmo non è mobile ma fissa e gli schinieri coprono la parte anteriore della gamba. Le corazze sono decorate con l’aggiunta di piastre pendenti. Per quanto riguarda gli addobbi e i vestimenti essi sono un pò più raffinati rispetto a quelli palermitani. Nel movimento il pupo è più rigido, non può inginocchiarsi ed ha una cadenza quasi irreale anche perché non poggia per terra ed è sorretto da catene ancorate alla parte alta del teatro.

Anche la manovrabilità del pupo ha le sue varianti; a Palermo la leggerezza ed il minor peso del pupo rendono possibile un maneggio laterale, eseguito con il puparo in piedi che lo sorregge con le braccia tese, l’articolazione delle ginocchia ne permette un passo sciolto e una grazia quasi di danza. A Catania la mole del pupo costringe il manovratore ad una posizione alzata o supina su un palchetto appositamente costruito sopra il teatro vero e proprio, per cui il pupo si muove quasi sempre accostato al fondale di scena e fatto scorrere, durante le battaglie, per tutta la lunghezza del teatro.

Per quanto riguarda il teatro vero e proprio c’è da dire che quello catanese per ovvi motivi è molto più grande e può arrivare anche a 10 m. di lunghezza, esso in genere si preparava all’interno di magazzini o scuderie. Si hanno anche qua delle differenze sostanziali; nei teatri dell’area Palermitana le sale avevano un’ampiezza inferiore rispetto a quella Catanese, e il boccascena del teatro ha decorazioni molto ricche che simulano i panneggi, mentre in quello catanese i panneggi sono reali.

fonte/foto: http://www.irsap-agrigentum.it/Teatro%20di%20figura.htm#teatro%20di%20figura

                

a sinistra: maneggio dall’alto della scuola catanese; a destra: maneggio laterale della scuola palermitana



__Inserite le foto del Kathputli!__

Sono state finalmente inserite qui a fianco, con un collegamento a Flickr, le foto scattate allo spettacolo Kathputli di marionette del Rajasthan. Lo spettacolo ha avuto luogo il 25 novembre 2007 al Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino di Palermo, per il Festival di Morgana, rassegna di pratiche teatrali tradizionali. Del Kathputli, del Festival di Morgana e del Museo Internazionale delle Marionette parleremo fra qualche post, dopo aver concluso l’excursus descrittivo sull’ Opera dei Pupi siciliani. Intanto gustatevi le coloratissime foto del Kathputli!



__Il puparo__

Il Pupo (termine che derive dal latino “pupus”, bimbetto) trovò nell’isola terreno fertile grazie a delle celebri dinastie di Pupari.
Il Puparo è l’artista-artigiano vero fulcro dell’Opra dei Pupi. Alle sue dipendenze lavorano almeno due aiutanti-apprendisti e spesso opera con la collaborazione del fabbro-ferraio (per la realizzazione delle armature dei pupi), del pittore (per la realizzazione dell’indispensabile cartellone suddiviso in riquadri ed avente lo scopo di rappresentare gli avvenimenti principali dello spettacolo; il lavoro del pittore, inoltre, è indispensabile per decorare il teatro) e dello scrittore di dispense (dal suo lavoro il puparo trarrà i suoi copioni).

Molto spesso i componenti della famiglia aiutano il Puparo nello svolgimento del suo “mestiere“, come avveniva spessissimo a Palermo negli anni passati. Il termine “mestiere” appena usato sta ad indicare l’insieme degli elementi (almeno un centinaio di pupi, attrezzature varie ed almeno una ottantina di teste di ricambio che, insieme ad alcuni accessori come le armi e capi di abbigliamento, arricchiscono notevolmente il teatro stesso) che vanno a costituire il teatro.
Ogni Puparo ha i suoi trucchi e tecniche sceniche ed il proprio repertorio spesso personalizzato del quale è molto geloso e che rivela ai suoi aiutanti, anche se appartenenti alla sua famiglia, il più tardi possibile, ma lavora sempre nel rispetto della ormai secolare tradizione.
Durante gli spettacoli il Puparo usa spesso un linguaggio letterario particolare arricchito da alcune frasi dialettali ed i suoi spettacoli sono arricchiti dalla musica originariamente data dai musicanti e successivamente da un organetto.
Esser un bravo Puparo non significa solo esser un bravo artigiano, ma anche esser un bravo attore visto che egli ha il compito di animare i Pupi e di dar loro la voce. Non a caso, da alcune famiglie celebri sono nati degli indimenticabili attori siciliani come Giovanni Grasso e Angelo Musco.
La particolarità di uno spettacolo dei Pupi è che spesso la recitazione dei maestri pupari è a soggetto, sempre nel rispetto della “sceneggiatura” collegata alla tradizione, e che la rappresentazione può anche durare alcune ore.

fonte: http://sicilyweb.com/pupi/

foto: mimmo cuticchio, puparo palermitano (http://www.teatro-palladium.it/it/palladium/programma/visita-guidata-all%E2%80%99opera-dei-pupi.html)



__Struttura e costruzione del pupo__

La struttura di base del Pupo è costituita da tre elementi fondamentali: legno, metallo e stoffa. Di legno sono: la testa, avambracci e mani, busto e gambe; di metallo: i giunti che uniscono le gambe al busto, i giunti delle ginocchia (nei pupi Palermitani), l’asta che serve a sorreggere il pupo (parte integrante della testa), che attraverso un gancio si collega al busto, e una seconda asta in metallo, inserita nella mano destra (evoluzione del pupo siciliano); di stoffa: le braccia, che uniscono gli avambracci al busto. La parte più difficile da costruire è la testa del Pupo. Essa si può realizzare utilizzando il legno e in qualche caso la creta. In passato tale compito era affidato ad esperti artigiani, col passare del tempo è stato lo stesso Puparo ad occuparsi di tale compito che svolge grazie anche all’ausilio di calchi in piombo.

Nella preparazione dei pupi, che svolgono la funzione di eroi e di protagonisti, oltre che la ricercata ed attenta espressività dei volti, bisogna tenere conto soprattutto del repertorio ornamentale delle armature realizzate con materiali vari quali: rame,ottone e alpacca (una lega conosciuta anche come argentana, composta da rame al 50%, nichel al 20% e zinco al 30%), lavorate con la tecnica a sbalzo. Nella scuola palermitana vengono inoltre abbelliti con motivi arabeschi e decorazioni in ottone, che vengono poi saldati a stagno nell’armatura, rendendola così più pregiata.

La scelta del disegno non è casuale, né viene affidata alla creatività dell’artigiano, ma fa preciso riferimento a canoni prestabiliti, utilizzati per individuare il personaggio.
I vari personaggi hanno un diverso abbigliamento in base al loro ruolo. Esso prevede una “faroncina“, cioè un gonnellino, e dei pantaloni alla zuava per i Pagani; i Paladini oltre al gonnellino hanno anche delle calze lunghe a coscia; i Mori, invece, indossano una tunica e portano uno scudo solitamente rotondo, una lancia e un turbante.

Orlando, è senza dubbio il protagonista indiscusso delle vicende dell’Opera dei pupi; egli è il più valoroso dei paladini di Carlo Magno, ed è un personaggio realmente esistito nel 700, le cui imprese eroiche sono cantate alla fine dell’XI secolo nella Chanson de Roland; caduto nella battaglia di Roncisvalle (778), questi divenne nelle chansons de geste il simbolo delle virtù eroiche e cortesi. Sulla scena egli è il più valoroso tra i cavalieri di Carlo Magno, a cui salva la vita, è dotato di grande coraggio ed è animato da sentimenti di grande fedeltà e lealtà nei confronti del suo re; tra i personaggi dell’Opera dei pupi è quello in cui maggiormente storia e leggenda si confondono. Viene rappresentato con una colomba sul cimiero, sulla corazza e sullo scudo, porta abiti e mantello rossi, la tipica faroncina, con delle calze lunghe a coscia.
Carlo Magno, il potentissimo Imperatore di Francia viene presentato in due versioni, la prima, da corte, con una tunica ricamata, una ricca corona e un mantello di velluto; la seconda, da battaglia che comprende l’elmo incoronato e lo scudo esagonale con l’insegna del giglio di Francia, severo il volto, e scura la barba.

Altre due figure che non potrebbero mancare e che ruotano costantemente attorno al protagonista, fungendo da corollario, sono Angelica, la donna saracena per cui lo stesso Orlando impazzisce d’amore perdendo il senno che soltanto sulla luna riuscirà a ritrovare, e Rinaldo, cugino di Orlando, secondo cavaliere della corte di Carlo, dal carattere benevolmente ribelle, particolarmente amato dal pubblico. Quest’ultimo viene rappresentato con il leone sul cimiero, sulla corazza e sullo scudo. I suoi abiti sono verdi.

Non possono certamente mancare, accanto ai personaggi che incarnano virtù quali il coraggio e l’onestà, altre figure – se vogliamo “negative” ma altrettanto indispensabili – che i paladini valorosi devono sconfiggere per riaffermare ogni volta la supremazia del bene sul male: Gano di Magonza, il traditore, figura piccola e goffa con grandi baffi, lunga barba e degli sfregi in viso. Sullo scudo e sul petto ha incisa la M dei Magonzesi, che il pubblico interpretava come malvagità e malizia, e i guerrieri saraceni, dei quali si identificano i più importanti: Ferraù, Agramante, Marsilio, Agricane, Rodomonte, Mambrino, essi hanno come segno distintivo il volto scuro e truce ornato da baffi all’ingiù.

I personaggi femminili si richiamano invece ad una visione bambolesca della donna, dal viso rotondo ed ingenuo, dagli occhi vividi a da lunghi capelli ricadenti sulle spalle; le guerriere (Bradamanti) invece, sono caratterizzate da armature ed armi con le insegne del proprio casato. Nel 1° ottocento Angelica, Berta, Claudiana e le altre donne illustri vestono secondo la moda di quell’epoca, su un tono più dimesso sia nel vestiario, che nelle armature, troviamo i personaggi minori, le figure ordinarie e le comparse.

fonte/foto: http://www.irsap-agrigentum.it/Teatro%20di%20figura.htm#teatro%20di%20figura



__I Paladini di Francia__

Sempre parlando delle varie tematiche trattate nell’Opra dei Pupi, riprendiamo le fila della “Storia dei Paladini”: la rappresentazione consta anche di elementi importanti, a partire dalla messa in scena di alcuni eventi importanti come il tradimento, i rapporti tra Re e Vassalli e le varie contrapposizioni tra Bene e Male come l’opposizione lealtà-slealtà, il rispetto o meno delle regole sociali, l’opposizione classica tra Cristiani e Saraceni ed anche di alcune tematiche importanti come quelle riguardanti la sfera politica, quella amorosa, quella familiare e quella sovrannaturale.

Il termine Paladino, dall’aggettivo latino palatinus (del palazzo), descrive ciascuno dei 12 Pari al servizio nell’esercito di Carlo Magno, essi ricoprivano le cariche più alte dell’ordine militare e costituivano una sorta di guardia d’onore dell’Imperatore. I Paladini o Pari erano scelti personalmente da Carlo Magno e obbedivano solo al re, ciascuno dei Pari era un nobile, conte o duca, e doveva possedere particolari virtù: fede, lealtà, forza e sprezzo del pericolo.

Vi sono pareri discordanti circa i nomi dei 12 Pari, per alcuni testi essi erano: Orlando – Olivieri – Berengario – Ottone – Gerino – Ivo – Avorio – Genieri – Ansegi – Sansone – Gerardo – Engelieri.

Secondo la Chanson de Roland erano invece: Orlando – Oliviero – Turpino – Oggieri il danese – Riccardo il vecchio – il nipote Enrico – Accellino di Guascogna – Tebaldo di Reims – il cugino Milone – Geriero – Gerino – Gano.

Nell’opera dei pupi troviamo alcuni dei personaggi elencati in precedenza e altri presi in prestito dai poemi epico-cavallereschi, mischiando così ancora di più mito e realtà. A confondere ancora una volta le acque ha contribuito la Scuola Catanese, che deve a suoi opranti le invenzioni di personaggi come: Uzeda – Erminio della Stella d’Oro – Gemma della Fiamma – Guido di Santa Croce e tanti altri.

fonte: http://www.irsap-agrigentum.it/Teatro%20di%20figura.htm#teatro%20di%20figura

foto: http://www.rositour.it/Italia/Sicilia/Palermo/Palermo.htm



__Consigli e battaglie__
gennaio 26, 2008, 7:31 PM
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Assistere ad uno spettacolo dei Pupi vuol dire assistere a degli eventi specifici come i Consigli e le Battaglie. I primi sono delle riunioni di più personaggi e possono avere un carattere privato o solenne. Essi constano di alcuni elementi standard come l’apertura e la chiusura. Quello solenne prevede l’ingresso dei vari guerrieri e poi quello del re o del condottiero che annunzia la battaglia che si deve intraprendere. In quello privato si ha un minor numero di personaggi ed una minor acclamazione, ma si ha sempre l’annuncio di una battaglia. I Consigli hanno anche il merito di chiarire il carattere dei personaggi, cioè se essi sono “amici” o “nemici“, traditori o meno, i rapporti che intercorrono tra fra loro, i comportamenti che essi assumono ed i valori che essi rappresentano.
Le Battaglie hanno il merito di saper coinvolgere il pubblico e rappresentano certamente il momento centrale dell’Opra dei Pupi. Esse includono, come momento culminante, la morte di alcuni personaggi.
Mentre la morte dei personaggi secondari è un evento molto frequente ed essi muoiono in un discreto numero, la morte dell’eroe principale, positivo o negativo che sia, è sempre un evento eccezionale centellinato nel corso delle puntate in cui si divide la rappresentazione.
La loro rappresentazione varia in base alla “Scuola” che rappresenta lo spettacolo. Così, mentre a Catania la battaglia riguarda principalmente un paio di Pupi che eseguono dei movimenti limitati, a Palermo l’azione è più movimentata e consta di due moduli diversi, lo squadrone e la battaglia.

fonte: http://sicilyweb.com/pupi/

foto: http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/spettacoli_e_cultura/unesco-convenzione/unesco-convenzione/unesco-convenzione.html


__Il paccaglio__

Una nota storica ci mette a conoscenza che nelle rappresentazioni dell’opera dei pupi e dei cuntastorie siciliani si riunivano i rivoluzionari, che comunicavano con il popolo attraverso il “Paccaglio“, un linguaggio molto particolare che la polizia non conosceva e non comprendeva. Spessissimo si facevano anche delle allusioni, dei riferimenti a problemi e fatti politici, irridendo i potenti di turno. Non stupisce che molto spesso il teatro dei pupi e il cunto fossero considerati pericolosi in quanto istigatori di atteggiamenti mafiosi e rivoluzionari. Non è mai mancata in ogni caso nemmeno una loro difesa da parte d’intellettuali e uomini di cultura, (come ci fa sapere Sebastiano Burgaretta, studioso di tradizioni popolari) che asserivano a più riprese come questi spettacoli sottolineassero gli aspetti positivi del carattere dei siciliani.

fonte: http://www.irsap-agrigentum.it/Teatro%20di%20figura.htm#teatro%20di%20figura

foto: http://www.volipindarici.it/appunti/palermo/pupi/index.htm


__Le tematiche__

Il teatro dei pupi siciliani, nella seconda metà dell’ottocento, volendo mantenere la valenza epica, si è specializzato in questa direzione, ereditando tutto il patrimonio dei cuntastorie.
Nella prima metà dell’ 800 i marionettisti girovaghi, rafforzano il carattere professionale del loro lavoro. Si organizzano a livello impresariale perfezionando le tecniche espressive allo scopo di richiamare un pubblico sempre più vasto. Da allora, la disponibilità degli artigiani a realizzare un pupo più elaborato e il confluire nell’opra la tradizione epico-cavalleresca, grazie all’apporto di Giusto Lo Dico che realizzò un’ opera in quattro volumi della storia dei paladini di Francia, (che ancora oggi rappresenta la base trainante dell’opra dei pupi), costituiscono i due poli di un rilancio in maniera più articolata del fenomeno.

Nell’Opra dei Pupi si ha la trasmissione di alti codici di comportamento dalle antiche origini che hanno interessato il popolo siciliano, codici come la cavalleria, il senso dell’onore, la lotta per la giustizia e la fede, gli intrecci amorosi e la brama di primeggiare.
Tale forma teatrale, pur nella sua semplicità, ha permesso in un certo senso la divulgazione dell’epopea.

Tra le principali tematiche trattate dall’Opra occorre ricordare che quella prevalente è la trattazione di soggetti cavallereschi. Le fonti principali per questo tema sono le Chansons de Geste ed il romanzo arturiano. Dalle Chansons de Geste deriva il Ciclo Carolingio che abbraccia un periodo storico che va dalla morte di Pipino il Breve a quella dell’Imperatore Carlo Magno. Il Ciclo di Carlo Magno prevede una sua particolare suddivisione: “La storia di Ettore e dei suoi discendenti“, “I Reali di Francia da Costantino a Carlo Magno“, “Storia dei Paladini di Francia“, “Guido Santo e i discendenti di Carlo Magno“. Questo ciclo, insieme a “La storia dell’Imperatore Trabazio” e “Il Guerin Meschino”, sono stati rappresentati in tutta la Sicilia.

Gli opranti, in una prima fase, per rappresentare gli episodi dei paladini, attinsero a piene mani dalla Chanson de Roland, dai Poemi Cavallereschi e da I Reali di Francia di A. Barberino, riconducendo i diversi episodi ad un’unica storia che partendo da Milone conte d’Anglante si concludeva con la morte di Rinaldo.

Bisogna però attendere il 1858, quando l’intuito di un maestro elementare, tale Giusto Lo Dico, diede vita ad una poderosa opera in 4 volumi, intrecciando i vari poemi epico-cavallereschi del ‘400 e del ‘500, pubblicata in diverse edizioni, anche a dispense dal titolo Storia dei Paladini di Francia, che rappresenta tuttora il fondamento dell’opera dei pupi.
L’opera del Lo Dico è considerata la Bibbia degli opranti, essa è stata utilizzata come riferimento alla stesura delle sceneggiature utilizzate nelle rappresentazioni da tutti i pupari.

Descrivere la storia dei Paladini di Francia non è impresa facile poiché il più delle volte il mito supera la realtà e fa sì che avvenimenti storici, come l’episodio di Roncisvalle, perdano le loro connotazioni reali per sfociare nella leggenda. La linea di demarcazione tra storia e leggenda si assottiglia a partire dalla Chanson de Roland, dove l’idealizzazione e l’esaltazione dell’eroe cristiano raggiungono l’apice, per scomparire definitivamente ad opera dei poemi epico-cavallereschi del 1500, Il Morgante di Luigi Pulci prima, l’Orlando Innamorato di Matteo M. Boiardo, l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso dopo, aggiungono nuovi episodi e nuovi personaggi alla realtà storica, tramutandola definitivamente in leggenda.

Sostanzialmente la storia dei paladini di Francia narra le innumerevoli battaglie tra cristiani e mori nella Spagna dell’VIII secolo d.C. ed in particolare racconta della dolorosa sconfitta di Roncisvalle, in cui persero la vita, vittime di un’imboscata, le più valorose “spade” cristiane e fra tutte il prode Orlando ed il saggio Oliviero.

Il repertorio, in qualche caso, si discostava dalle programmazioni classiche per raccontare l’attualità, utilizzando spesso storie di vario genere tra le quali quella del brigantaggio. All’epoca uno dei primi fu Don Liberto Canino (come ci racconta Giuseppe Pitrè) che portò sulla scena temi come: “vita e morte di Giordano Bruno” ricavata da un racconto di Dumas, “vita e morte di Antonio Di Blasi Testa Longa” che suscitò a quel tempo grande entusiasmo ed infine i “Beati Paoli” tratti dal Linares. Don Liberto incluse anche nel suo repertorio spunti di due opere di Shakespeare: il Macbeth e Giulietta e Romeo.

fonti: http://www.irsap-agrigentum.it/Teatro%20di%20figura.htm#teatro%20di%20figura; http://sicilyweb.com/pupi/

in alto: foto di serena fanara, dipinto dei primi del’ 900, Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, Palermo
foto in basso: http://www.turismo.catania.it/aptctnew/Tempo_libero/Teatro_Opera_Pupi/copertina_teatro_opera.pupi.htm



__Il ruolo del cuntastorie__

Ruoli determinanti per tale forma espressiva erano quelli dei “Cantàri“, dei “Cantastorie” e dei “Cuntastorie“, da ricordare per il merito di divulgare le avventure cavalleresche attraverso il “Cuntu” (=racconto). Tali artisti eseguivano a puntate le varie avventure degli eroi cavallereschi, schema che poi sarà riprodotto dall’Opra, ed è provato che già a partire dall’inizio del 1800 il loro repertorio comprendeva anche “I Reali” e una “Storia di Orlando e Rinaldo”. Occorre distinguere che il “Cantastorie” era l’artista-girovago che tratta il tema epico attraverso il canto, mentre il “Cuntastorie” eseguiva gli stessi temi attraverso la semplice declamazione: era, insomma, una sorta di puparo mancato, cui solo le limitate possibilità finanziarie impedivano di allestire un teatro dei pupi, affidandosi, così, all’arte della parola, imparando tutte le regole della narrazione. Si trattava quasi sempre di povera gente, che viveva alla giornata, e che non poteva permettersi di acquistare tutti gli attrezzi del mestiere per divenire puparo. Esso offriva, nelle sue rappresentazioni un comodo repertorio già in parte sceneggiato e dialogato. Storicamente il cuntastorie era un narratore che non utilizzava alcuno strumento musicale (usato molto tempo dopo dai cantastorie), ma usava modulare la voce con una tecnica tutta particolare, con regole precise di tempo, ritmo ed esposizione orale che si tramandava di generazione in generazione. Non importava se era analfabeta o ignorante, la sua capacità era quella di apprendere e reinventare la vita usando forme epiche collaterali derivate da motivi storici quale lo scontro tra cristiani e pagani, dal ricordo cocente di lunghe lotte contro i pirati turchi, da un forte sentimento religioso che contrappone il trionfo del bene alla mortificazione del male.

fonte: http://sicilyweb.com/pupi/

in alto: foto di serena fanara, affresco dei primi del ‘900, Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, Palermo